Poi vi posterò la realizzazione pratica dello schema proposto, quella della Radio a Galena, che anche se molto semplice, dà ancora molta soddisfazione.
Non è necessario alcun circuito stampato, basta una basetta di legno, plastica o altro materiale.
I collegamenti possono essere fatti con dei fili punto a punto, meglio se di breve lunghezza.
Adesso finalmente un circuito a valvole, realizzato con un triodo.
Un circuito così è del tutto simile a quello che usavano gli apparati radio degli anni 20.
In questo caso, come potrete notare, la rivelazione del segnale viene affidata a una valvola "miniatura" del tipo 1T4, 1U4, 1S4, 1R5, cioè alimentata a bassa tensione e che si trova ancora in commercio.
Elenco componenti
C1 - condensatore variabile ad aria da 500 pf
C2 - condensatore da 100 pf
C3 - condensatore da 10 nf
R1 - resistenza da 2 MOhm 1/4 w
V1 - valvola tipo 1T4, 1U4, 1S4, 1R5
L1 - 100 uH
L2 - 200 uH
L1 e L2 sono costruite sullo stesso nucleo a formare un trasformatore di accoppiamento, vedremo come realizzarle.
B1 deve fornire la tensione che serve ad alimentare il filamento che funziona a 1,25 Volt. Va bene, quindi una batteria tipo AA.
B2 deve fornire la tensione anodica e va da circa 27 a 45 volt.
Possiamo usare quindi 3 batterie da 9 volt collegate in serie.
Le cuffie possono avere una media impedenza.
Naturalmente è bene avere una buona antenna, ad esempio un lungo filo e una buona massa, come ad esempio un collegamento con un tubo dell'acqua o un radiatore.
La prossima volta ne analizzeremo il funzionamento e vi apporteremo dei miglioramenti circuitali.
martedì 22 marzo 2011
domenica 20 marzo 2011
...Radio a Galena...seconda parte...
Però c’era la soddisfazione di ricevere e ascoltare due stazioni radio.
La prima era Radio CAPODISTRIA, che giungeva abbastanza forte, la seconda più attenuata era RAI 1.
Non male per un circuito assemblato “in aria” da componenti tra l’altro anche poco costosi.
I fattori fondamentali e forse, anche penalizzanti, ma non più di tanto per un appassionato, era che questa magnifica radio aveva bisogno di due collegamenti molto buoni, uno ad una buona antenna e l’altro a buona terra.
A meno di non essere vicinissimi al ripetitore, non bastava per antenna uno semplice stilo.
Io usavo come antenna i fili dello stendibiancheria, che anche se sicuramente non accordati con la lunghezza delle Onde Medie, erano lunghi e catturavano bene il segnale.
Come collegamento a terra, un qualsiasi rubinetto andava più che bene.
Ultimamente ho acquistato presso una bancarella, per pochi euro, una radio
a Galena con alcuni dei componenti, manca il condensatore variabile.
E’ in una scatola di legno con all’interno dei cavi telati e basetta di supporto in bachelite, con collegamenti punto a punto dal lato opposto.
Si nota la bobina, il detector rivelatore, quello che quella volta sostituiva il Diodo al Germanio, chiamato anche "baffo di gatto".
E' interessante il suo funzionamento.
Con la levetta si muoveva un pezzetto di filo metallico che pungeva un cristallo
di Galena, fino al punto in cui "rivelava" il segnale.
mercoledì 16 marzo 2011
....La Radio a Galena....
A dir la verità, già prima di andare alle scuole superiori, avevo cominciato a "trafficare" con cose che riguardavano l'elettricità, facendo esperimenti con lampadine, batterie, fili e interruttori.
A quei tempi i led non erano ancora diffusi, quindi bisognava "sperimentare" con quello che c'era.
Ogni tanto, qualche "buona anima" mi regalava qualche apparecchio elettronico (radio, tv, etc) non funzionante, che veniva puntualmente cannibalizzato. Era difficile resistere...
In cantina avevo una stanza che poi è diventata la sede del mio laboratorio.
Ad un certo punto gli esperimenti di tipo "elettrico" non mi bastavano più - volevo entrare nel mondo della radio.
Non era una cosa facile, visto che a quei tempi non c'erano le informazioni tecniche disponibili adesso, per lo più abitando in un paese turistico dove mancavano negozi che si occupavano di componentistica elettronica.
Tra l'altro questi negozi si trovavano solo in città di una certa grandezza.
Cosa fare allora?
L'unica cosa da fare, per imparare qualcosa e trovare qualche componente e qualche schema - era di "rompere le scatole" a qualche radiotecnico locale.
Però in questo caso sono stato fortunato.
Un mio amico, compagno di classe sin dalle scuole elementari, e ora alla medie in banco insieme a me, aveva suo padre radiotecnico, con un negozio che vendeva radio/tv e dietro un piccolo, ma fornito laboratorio.
Tra l'altro ci abitavo proprio vicino e quindi ne approfittavo per rompergli spesso le scatole...ma era paziente e quindi qualcosa mi insegnava.
Una delle prime cose che ho costruito - ma immagino sia un "must" per tutti i principianti - è la famosa Radio a Galena.
Funzionava senza alimentazione - sì, proprio così!
Lo schema è quello classico, sotto riportato.
Quattro componenti + una cuffia (o auricolare), due collegamenti che definirei "empirici" - e il tutto funzionava "magicamente".
A quei tempi i led non erano ancora diffusi, quindi bisognava "sperimentare" con quello che c'era.
Ogni tanto, qualche "buona anima" mi regalava qualche apparecchio elettronico (radio, tv, etc) non funzionante, che veniva puntualmente cannibalizzato. Era difficile resistere...
In cantina avevo una stanza che poi è diventata la sede del mio laboratorio.
Ad un certo punto gli esperimenti di tipo "elettrico" non mi bastavano più - volevo entrare nel mondo della radio.
Non era una cosa facile, visto che a quei tempi non c'erano le informazioni tecniche disponibili adesso, per lo più abitando in un paese turistico dove mancavano negozi che si occupavano di componentistica elettronica.
Tra l'altro questi negozi si trovavano solo in città di una certa grandezza.
Cosa fare allora?
L'unica cosa da fare, per imparare qualcosa e trovare qualche componente e qualche schema - era di "rompere le scatole" a qualche radiotecnico locale.
Però in questo caso sono stato fortunato.
Un mio amico, compagno di classe sin dalle scuole elementari, e ora alla medie in banco insieme a me, aveva suo padre radiotecnico, con un negozio che vendeva radio/tv e dietro un piccolo, ma fornito laboratorio.
Tra l'altro ci abitavo proprio vicino e quindi ne approfittavo per rompergli spesso le scatole...ma era paziente e quindi qualcosa mi insegnava.
Una delle prime cose che ho costruito - ma immagino sia un "must" per tutti i principianti - è la famosa Radio a Galena.
Funzionava senza alimentazione - sì, proprio così!
Lo schema è quello classico, sotto riportato.
Quattro componenti + una cuffia (o auricolare), due collegamenti che definirei "empirici" - e il tutto funzionava "magicamente".
I componenti di cui è costituita:
L1 è una induttanza ovvero è una bobina da avvolgere con alcune prese . Facile da autocostruire
L1 è una induttanza ovvero è una bobina da avvolgere con alcune prese . Facile da autocostruire
C1 è un condensatore variabile da 500 pf - cioè varia la capacità girando una manopola
C2 è un condensatore fisso da 1000 pF
D1 è un diodo al germanio tipo OA 91, OA 85, OA 95 e similari.
Rappresenterebbe il famoso 'cristallo di galena' che si usava nel passato.
Rappresenterebbe il famoso 'cristallo di galena' che si usava nel passato.
La cuffia dovrebbe avere una alta impedenza (valore di circa 2 KΩ).
*(la sigla pF si legge " picofarad ")
Per quanto riguarda la bobina, ne ho visto che si danno indicazioni di tutti i tipi, a croce su telaio oppure a nido d'ape e altre.
Per quanto riguarda la bobina, ne ho visto che si danno indicazioni di tutti i tipi, a croce su telaio oppure a nido d'ape e altre.
Io l'ho costruita avvolgendo circa 60 spire su una bacchetta di ferrite, recuperata da una vecchia radio a onde medie.
Non era facile trovare una cuffia da almeno 2 KOhm e quindi usavo un auricolare di quelli che davano in dotazione alle radioline a transistor, andava bene lo stesso, anche se "caricava" un po' il circuito. domenica 13 marzo 2011
...ed eccomi di nuovo a voi....
Comunque questo "pezzo" di tecnologia rappresentava una cosa importante.
Aveva acceso in me quella che poi è diventata una mia passione e che poi avrebbe influenzato i miei futuri studi scolastici.
Anche se negli anni ottanta, quando finito le scuole medie ho proseguito alle superiori, le scuole dove si studiava l'elettronica era essenzialmente di due tipi.
L'istituto tecnico industriale e l'istituto professionale per l'industria e l'artigianato.
Vi erano poi dei corsi professionali regionali annuali o biennali, direi validi dal punto di vista formativo, ma che non avevo tenuto in considerazione, poiché non rilasciavano quel cosiddetto "pezzo di carta" valido per i concorsi o per proseguire, eventualmente gli studi all'Università.
Alla fine della terza media, con la scuola stessa, facemmo delle visite ai due tipi di istituto, per una migliore futura scelta, vagliando tutto quello che potevano essere sia il bagaglio tecnico che culturale che veniva offerto.
Scelsi l'Istituto Tecnico Industriale...ottima scuola, con un biennio propedeutico uguale per tutte le susseguenti specializzazioni (elettronica, elettrotecnica, aeronautica ecc.).
In questo biennio non vi erano materie tecniche da studiare, si pensava ad una preparazione in generale, conmaterie quali l'italiano, storia, geografia, chimica e fisica, fatta molto bene con esperienze in un laboratorio molto ben attrezzato.
Ho frequentato il primo anno...con successo, ma ero insoddisfatto...
Parlavo con dei miei amici che frequentavano il primo anno del professionale e mi raccontavano quelloche facevano in laboratorio.
Il professionale aveva, per logica, un altro approccio.
Si studiavano materie quali "cultura generale", che raggruppava diciamo italiano, storia, qualcosa di geografia e argomenti di attualità.
Tutto quello che poteva comprendere appunto, la cultura in generale.
Interessante e utile per chi vuole imparare "un mestiere".
La matematica veniva studiata molto bene, per chi frequentava i corsi di elettronica, poiché per ovvi motivi basilare alla comprensione della stessa.
Avevo deciso di cambiare scuola.
Io ero un tipo pratico e già mi vedevo con il camice bianco nel
laboratorio.
Dal momento che all'Istituto tecnico industriale ero stato promosso, con degli esami integrativi avrei potuto accedere direttamente alla seconda classe dell'Istituto Professonale con indirizzo elettronica.
Non l'ho fatto.
Quando ho visto quello che dovevo studiare, ho preferito di ricominciare dalla prima classe, confortato nella scelta anche dai miei genitori.
Le materie non erano facili...elettrotecnica, tecnologia ed altre, senza un insegnante non erano facili da studiare,
anche perché devono essere appresi più che le nozioni, i concetti.
E poi sono le basi dei successivi studi.
Il primo del professionale era incentrato sull'apprendimento dell'elettrotecnica ad un livello abbastanza approfondito, con il supporto e l'applicazione della matematica, dell'algebra e della trigonometria.
Alcuni circuiti venivano poi realizzati individualmente e testati nei bellissimi e attrezzati laboratori dell'istituto.
Qui vi devo fare una doverosa considerazione.
L'istituto tecnico industriale e l'Istituto Professionale avevano nell'immaginario collettivo, a quei tempi,
due diverse considerazioni, da parte della gente comune.
Il primo,cioè l'Istituto Tecnico industriale era considerato e paragonato un po' come un liceo, una culla per futuri liberi
professionisti, che "non si dovevano sporcare le mani", figli di una classe borghese che doveva comandare.
L' Istituto professionale, invece, secondo il dire comune, sarebbe stato frequentato da quelli che sarebbero diventati
i futuri operai specializzati, figli ovviamente di una classe operaia e non borghese.
Insomma gente che non aveva tanta voglia di studiare e che preferiva una via "più facile".
Anche perché il percorso di studi era all'inverso rispetto al tecnico.
Prima si frequentavano tre anni, con indirizzo specialistico (elettronica- apparecchiatore elettronico/tecnico riparatoreradiotv, elettrotecnica- elettricista/ installatore elettromeccanico, meccanica- congegnatore meccanico/ riparatore autoveicoli ecc), poi vi era un biennio cosiddetto "sperimentale", ove si studiavano le materie classiche per recuperare
così il "gap" culturale e ottenere un diploma di maturità equipollente a tutti gli effetti a quello di qualsiasi scuola superiore.
Chi si diplomava al Tecnico diventava "perito", chi al Professionale "operatore tecnico industriale".
Quella volta, come appassionati, tutti avevamo un proprio laboratorio a casa.
….a tra poco….
mercoledì 9 marzo 2011
...la seconda parte...
Quella volta, almeno nei paesi, il radiotecnico era considerato un vero "Guru", a cui si doveva rispetto.
Doveva venire la mattina dopo, precisamente alle 10, per aggiustare la radio.
Quel giorno mi svegliai presto...non avevo sonno, pensavo a ciò che sarebbe successo...
Ero emozionato e anche molto incuriosito...cosa ci poteva fare questo Bruno alla radio, perchè tornasse a funzionare?
Aspettai contando non i minuti, ma i secondi e....ahimè alle 10 non arrivo nessuno.
Corsi dal nonno facendogli notare il ritardo del "suo" amico Bruno, "il dottore" delle radio, che non era ancora arrivato dal suo malato.
Il nonno mi rispose sorridente "Stai tranquillo, è una persona di parola, ...forse ha avuto qualche "malato" più grave da curare...verrà..."
Questa volta le sue parole non mi tranquillizzarono...possibile?
Aveva detto alle 10 e adesso sono le 10 e 10 e ancora non è arrivato!
Bel dottore, pensavo...
Questa cosa mi aveva messo un po' di ansia.
E se non viene? Pensavo tra me e me...
Alle 10.35 arrivò Bruno, con la sua Fiat 1500 bianca.
Corsi dal nonno come un cane corre felice quando vede il suo padrone!
Bruno si scusò per il ritardo...
Mi spiegò che una riparazione lo aveva impegnato più del previsto...
Aveva due valigette squadrate in legno, una più piccola e una più grande, che maneggiava con una certa attenzione.
Aprì la più grande...conteneva tanti attrezzi...cacciaviti, lo stagnatore e uno strumento a lancetta che mi colpì particolarmente...il tester...che se ricordo bene era della famosa "Scuola Radio Elettra".
A parti gli scherzi, poi ho conosciuto molta gente che con volontà e determinazione, frequentando per corrispondenzai corsi di questa scuola, è diventata tecnico e anche di una certa capacità, creandosi un lavoro che
negli anni '60 e '70 stava diventando un po' l'espressione del futuro.
Tolta la radio dal mobile, la appoggiò sul tavolo, aprendo il pannello posteriore.
Quando la vidi aperta esclamai "mamma mia, che confusione...come si fa a capire cosa non funziona..."
Accese la radio e vide una valvola che non si accendeva....
Disse "Una valvola si è bruciata...devo sostituirla...vediamo se ne ho una dietro con me..."
Aprì la valigia piccola...era piena di valvole, di tutti i tipi...piccole, medie e anche grandi...
Le guardai con interesse...erano veramente strane, ma avevano un loro fascino...
Trovò la valvola che serviva e la cambiò...
Accese la radio, aspettammo qualche decina di secondi e finalmente tornò a funzionare!
Bruno allungò il filo dell'antenna, che era troppo corto e la radio adesso funzionava meglio di prima....Il nonno ammise di aver accorciato lui quel filo...tanto a cosa poteva servire?
ero al settimo cielo, per due motivi.
Il primo...la radio dopo la riparazione e con la
"nuova" antenna funzionava meglio...
Secondo...Bruno mi disse "La valvola bruciata te la regalo...forse un domani ti
servirà se vorrai studiare l'elettronica..."
Certo che la volevo studiare…
Quella valvola bruciata è stata da me custodita coem un cimelio prezioso.
Avevo fatto personalmente una scatoletta in cartone con del cotone all'interno per appoggiarla e perchè non si rompesse.
Un po' annerita....vissuta direi...
ma aveva, per me,una bella forma...elegante e tecnologica allo stesso tempo!
Era bruciata...lo sapevo...o meglio non sapevo esattamente quello che
significava.
Chiesi al nonno di spiegarmelo meglio, perchè la legna brucia....
una volta la nonna ha bruciato l'arrosto, ma c'era anche tanta puzza.
Perchè una cosa così all'avanguardia, per quei tempi, si intende, poteva "bruciarsi","guastarsi" oppure più semplicemente non funzionare più...
Il nonno, persona che ha sempre lavorato duramente nella sua vita, con esperienza di emigrante in Svizzera per tanti anni, e una cultura scolastica neppure da scuola elementare,ma con una saggezza e un carisma di chi conosce la vita, semplicemente mi spiegò "Sì....bruciata vuol dire, per una valvola, che è stanca...ha lavorato tanto e adesso ha bisogno di riposare...hai fatto bene a metterla nella scatoletta con del cotone...lì riposa bene!"
Da bambino ho accettato quella spiegazione, per me era sufficiente...Poi me l'ha detto il nonno, fonte di saggezza, così come non osavo mettere in dubbio che i regali a Natale li porta Babbo Natale.
…il resto dopo, ovviamente….
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